TESTI e ARTICOLI
Sorridere alla vita. Colore e mistero
22 ottobre 2019 – Liceo E. Torricelli – Bolzano
incontro con gli studenti delle classi terze e quarte
Giorgio Ferrari vive ad Isera (TN) e fin da piccolissimo ha dovuto affrontare difficoltà fisiche conseguenti alla paralisi agli arti inferiori. Attualmente in pensione dopo aver lavorato come geometra presso la Comunità di Valle della Vallagarina. Dipinge come hobby ed è allievo del Maestro pittore Gianni Turella di Isera.
I suoi dipinti prendono spunto dalla realtà: un paesaggio, dei fiori, una maternità e altro,
interpretate secondo la propri particolare sensibilità.
Il segreto della sua pittura sta nella gioia. Una gioia che non nasce dalla soluzione dei problemi, ma dall’intima apertura a tutto ciò che esiste. È un bisogno di dire qualcosa che possa raggiunge l’altro e creare un dialogo.
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L’arrampicata diventa «terapeutica»
A proporla in settembre sarà l’Aism. Il fisioterapista Knaubert: «Una disciplina democratica, che aiuta fisico e mente»
di A. Gerola – (dal quotidiano Trentino 29-5- 2013)
TRENTO. Nel 2003, quando Matthias Knaubert, fisioterapista, osteopata, climber, propose in Trentino l’arrampicata terapeutica, non fece molti proseliti. I tempi, allora, non erano maturi, oggi lo sono. A settembre partirà a Rovereto, il primo progetto, in regione, di arrampicata terapeutica proposta da Aism, sezione trentina. «Si tratta di una vera e propria arrampicata su una parete artificiale sia con imbrago che senza», ci ha detto Knaubert. Dopo aver appreso, in Germania, le potenzialità della disciplina sportiva come presidio terapeutico nei soggetti con disabilità, il fisioterapista metterà le sue conoscenze a disposizione dei soci Aism. «Attraverso l’arrampicata si riesce ad avere un diverso approccio con il paziente. Il vantaggio è che non è trattamento passivo, ma un’attività che permette alla persona di fare un’autoesperienza, che mette in moto sensazioni piuttosto intense. C’è un coinvolgimento emozionale forte, legato all’aspetto dell’avventura, a cui rimanda l’arrampicata».
Studi hanno dimostrato che questo tipo di attività motoria offre stimoli terapeutici neurofisiologici e motivazionali per trattare disfunzioni neuromuscolari e ortopediche, come per esempio lesioni o traumi articolari, e lo stesso vale per disfunzioni neurologiche. L’attività fisica coinvolge l’individuo su più livelli: corporeo e mentale. «La diagnosi di sclerosi multipla è come un timbro ed è associato ad un’idea di limite – ha proseguito Knaubert – ma nell’arrampicata i limiti non hanno nulla a che fare con lo stato di salute delle persone. Un malato di sclerosi può raggiungere un obiettivo meglio o prima di una persona non malata». L’arrampicata è una disciplina “democratica”: «Limiti, obiettivi, successi sono diversi da persona a persona. Porsi un obiettivo e raggiungerlo non implica solo uno sforzo fisico e mentale, ma anche un aumento dell’autostima personale e questo vale per tutti». L’arrampicata terapeutica mette in gioco la muscolatura, il respiro, la manualità, la coordinazione, l’equilibrio. L’approccio è giocoso, ognuno stabilisce un proprio, personale obiettivo e ognuno impara che per raggiungerlo non sempre la strada più scontata è quella migliore. «Man mano che si sale – ci ha raccontato Giorgio Ferrari, pittore, che ha già provato l’esperienza – si capisce qual è il miglior percorso da fare per raggiungere la meta che ci si è prefissati».
Il corso inizierà a settembre, il calendario deve essere ancora definito. Sicuramente si terrà a “Plastic Rock”, palestra di San Giorgio con parete attrezzata. «Nessuna preparazione specifica – ci ha detto Knaubert. L’approccio deve essere ludico. È comunque prevista una parte di riscaldamento e di stretching per preparare il corpo allo sforzo. L’ascesa sarà con imbrago, ma più frequentemente senza, perché sotto la parete ci sono dei materassi atti ad attutire la caduta. Ovviamente ci sarà sempre qualcuno che, seguendo l’azione di chi scala, sarà pronto da dietro ad accompagnare l’eventuale caduta”.
Anche Alessandra Calliari, vicepresidente di Aism, ha provato l’arrampicato terapeutica, «un’esperienza che ti fa, tra l’altro, scoprire che i limiti posti dall’esterno, possono essere affrontati e superati. Questo trasmette un senso di maggiore sicurezza, rispetto a quello che davvero sei in grado di fare. Ogni volta puoi porti un nuovo obiettivo – ha proseguito. La sensazione di soddisfazione, che provi, si ripercuote nel quotidiano».
«È un modo per scoprire le potenzialità che davvero hai – ha aggiunto Giorgio –. Quando torni a terra tutto sembra molto più semplice. Ti rendi conto che puoi fare cose che nemmeno ti immaginavi».
«La malattia non può, non deve essere una scusa per giustificare l’inattività. L’arrampicata aiuta ad affrontare la vita perché, come nella vita, anche nell’arrampicata ti poni degli obiettivi, che puoi raggiungere oppure no – ha spiegato Knaubert -: impari ad accettare la sconfitta ed a porti nuove mete. Impari ad essere onesto con te stesso. E questa è una lezione che vale per tutti, malati e non».
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….Quelle vele trasparenti sono piene di dinamicità spirituale, capaci di disincagliare qualsiasi ostacolo e la nave, da un momento all’altro, può partire verso il mare aperto. Sono preziose queste opere tutte intrise di fede e spiritualità. Vi è nell’animo dell’artista una volontà soprannaturale totale, per cui ogni soggetto è sempre e solo un pretesto per dire cose più alte, per dire di più di ciò che materialmente è espresso nel quadro. Le opere, anche se sono paesaggi, o rappresentano temi umani, hanno in sé una luce nuova ed una speranza viva…….
(A. Fia – dalla presentazione della mostra a Rovereto giugno – luglio 2010)
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Le opere di Giorgio Ferrari catturano con felicissima fantasia la grazia colorata, il brio, l’allegria.
La sua arte non si limita a rappresentare il visibile, spesso egli visualizza l’invisibile, con una così netta maestria che lascia gli occhi stregati da impossibili visioni. Vi è tra il mondo interno e il mondo esterno dell’artista, fra la sua emozione soggettiva e la porzione di realtà oggettiva che investe, un grandissimo equilibrio, che approda a una realtà artistica lievemente idealizzante. Ogni suo quadro si presenta come la risposta a una domanda diversa, nasce ogni nuova opera nel segno di una nuova ricerca. Egli vuol essere giudicato in virtù della sua efficacia a raggiungere direttamente il cuore dell’uomo e non già di un astratto criterio di bellezza. I suoi quadri assolvono il loro compito di liberare l’autore dal ricatto delle vecchie sembianze e di disporlo a nuovi amori, cioè a nuovi paesaggi. La bellezza di questi luoghi rivela la sua allegria di vivere, per un curioso gioco di riflessi la stessa allegria si traduce in effetti cromatici. La pittura di Ferrari inonda i quadri di colori, con i quali l’artista lotta perché parlino, perché schiudano le labbra e cantino ciò che arde nel suo cuore; ci guida alla sua quieta intimità con quella voce del cuore che sa dire in silenzio ogni cosa. (Carmen Donato – gennaio 2005)
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UOMINI DI CUORE
scritto da 42 uomini di Rovereto dai 15 ai 91 anni sul tema dell’amore
Come “Cuori di donne” anche “Uomini di cuore” viene promosso dalla Fondazione Famiglia Materna in collaborazione con la cooperativa Sociale Punto d’Approdo. Il ricavato del libro sarà devoluto interamente al nuovo Centro Sociale e Occupazionale dove le donne in difficoltà possono appoggiarsi e trovare sostegno.
Il volume edito da Nicolodi Edizioni è in vendita a 10 Euro nelle librerie di Rovereto
Un segreto
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Giorgio Ferrari
Quando penso alla mia vita, la rivivo come esperienza di essere accolto, di essere voluto bene. E me ne rimane dentro un senso di gratitudine ed una energia che mi fa guardare positivamente alle circostanze che accadono. Eppure tutto non è e non è stato facile. Fin da piccolissimo infatti ho dovuto affrontare le difficoltà fisiche conseguenti alla paralisi agli arti inferiori sopraggiunta, presumibilmente, come esito di una operazione che dovetti subire a pochissimi mesi. Non ho naturalmente memoria dei miei primissimi tempi, ma per queste difficoltà sono stato ricoverato , fin dall’età di tre anni, in collegio a Rovereto, in via Tommaseo, dove sono poi rimasto per dieci anni come convittore a tempo pieno. Allora, in collegio, si studiava e si faceva fisioterapia alternando le attività fra mattina e pomeriggio. Alla fine degli anni ’50 era quello l’unico centro specializzato, che nel triveneto si curava della riabilitazione dei bambini affetti da difficoltà simili alle mie, ed ospitava una cinquantina di bambini e bambine. Ricordo in modo vivo le attività ed i giochi che ci venivano proposti anche per stimolarci dal punto di vista fisico e intellettivo; ricordo la terapia, a volte noiosa e dolorosa, i momenti in cui, per allungare la muscolatura delle gambe , dovevo rimanere per lungo tempo in posizioni statiche obbligate . Un tempo che non sembrava finire mai. Ma ricordo soprattutto l’attesa del fine settimana , il poter finalmente rivedere i miei genitori e mio fratello che mi venivano a trovare e poi, più grandicello, il poter addirittura ritornare a casa con loro per il week end. Conquista questa raggiunta grazie alle pazienti e decise insistenze dei miei genitori e di altre famiglie che non si erano arresi di fronte alle difficoltà di starci vicini. Neanche per i miei era stato facile staccarsi da me. L’ho capito sempre di più crescendo, pensando per esempio a mia madre, che , per venirmi a trovare, per prima in famiglia, e fra le prime donne in Trentino, riuscì a prendere la patente, aprendo la strada anche a mio padre. Piccoli grandi gesti di coraggio e di eroismo, nascosti fra le pieghe di un quotidiano semplice e laborioso. E’ passato tanto tempo ed ancora adesso per me è importante continuare a fare fisioterapia per mantenere una condizione di forma e muovermi più agevolmente. Durante questi anni sono sempre stato molto aiutato dalla vicinanza della mia famiglia e dalla loro speranza. Sono stato spronato e incoraggiato, anche quando ho dovuto subire delle operazioni chirurgiche impegnative. Intanto finivo di studiare alle superiori e trovavo un impiego come geometra presso il Comprensorio della Vallagarina, proprio in via Tommaseo, proprio in quell’edificio, che, restaurato, era intanto divenuto sede del C10. Così mi sono ritrovato a lavorare lì, cosa che continua da trent’anni, per chi sa quale scherzo o sorriso del destino che ha voluto legare la mia vita a quel luogo. Un vero ritorno in gloria, si potrebbe dire. Ma per arrivare fin lì, quanta dedizione ho ricevuto, quante attenzioni, sollecitazioni, cure anche in una semplice quotidianità, magari da persone che svolgevano umilmente, ma con umanità e serietà il proprio lavoro, assistenti o infermiere, educatrici o inservienti. Ora vivo con mio padre; la mia mamma, che abbiamo accudito per alcuni anni, ora è alla casa di riposo a Rovereto per una malattia molto invalidante. Andiamo a trovarla e ci facciamo compagnia cercando in un altro modo a continuare a starci vicino. Questo amore alla vita, che mi porto dentro, è frutto certamente di un dono coltivato. E’ frutto dei tanti gesti piccoli e grandi che hanno sostenuto e formato la mia persona, regalandomi la sorpresa di uno stupore e di una gratitudine. Sorpresa, che con il passare degli anni ha sempre più assunto anche il volto dei molti amici che uno dopo l’altro si sono legati a me e accompagnano l’avventura della mia vita. E’ questa l’esperienza da cui nasce e si alimenta in me quella capacità di guardare agli avvenimenti con positività, che mi viene riconosciuta dalle persone quando le incontro nelle occasioni della mia giornata o quando riesco a fare loro compagnia, affrontando il lavoro o i momenti in palestra dove svolgo l’attività di fisioterapia. In questi ultimi anni mi è capitato di provare anche cose insolite e imprevedibili come “l’arrampicata terapeutica” in palestra su una parete attrezzata, seguito e spronato da Matthias, fisioterapista entusiasta e sperimentatore. Si tratta di una tecnica nuova e particolarmente stimolante perché oltre a usare il corpo impone di controllare la mente. Ogni mossa deve essere pensata, calcolata, pianificata. Un’altra possibilità di incontro con le persone è la pratica della pittura. Direi che questa è la parte più “colorata” della mia esperienza. Nasce dall’incontro con un vero maestro, Gianni Turella, durante le vacanze estive con i giovani del paese di Isera al passo del Brocom. Lì ho cominciato con il suo aiuto a dipingere sulla tela con i colori a tempera e il suo entusiasmo e la sua disponibilità mi hanno contagiato. Era l’inizio degli anni ’70. Nel ’90 è arrivata la mia prima mostra, a cui sono seguite poi altre personali e collettive. Il confronto e l’amicizia con Gianni e altri pittori ancora oggi continua a sollecitare e a dare respiro alla mia espressione artistica. Nel dipingere prendo spunto dalla realtà, un paesaggio, dei fiori, una maternità e altri tematiche, che interpreto secondo la mia sensibilità, ma sempre con gratitudine per quello che esiste, così com’è, perché è nell’affrontare la realtà che ho trovato quello che mi dà forza. C’è qui forse un segreto, quello di una gioia che non nasce dalla soluzione dei problemi, ma dall’intima apertura a quello che esiste. È un bisogno di dire qualcosa che possa raggiunge l’altro e creare un dialogo più delle parole . E’ un lavoro continuo e paziente, anche perché, quando inizio un’opera, non è possibile prevedere l’esito finale che questa avrà e l’esito stesso è una sorpresa anche per me. Anche la mia mamma dipingeva per diletto; ci sono dei sentimenti e delle emozioni ed è un lavoro che mi piace ma che, naturalmente, ha bisogno della pazienza di coltivato e condiviso per crescere. Come tutti cerco la bellezza. Tutta la realtà, tutte le cose e le persone, mi sembrano nascondere qualcosa di misterioso che mi attrae . Anche la quotidianità con le sue fatiche e le sue gioie non si riduce a ciò che si vede. E’ importante saper fare un passo indietro, e lasciare lo spazio perché si affacci, magari in un particolare, quello che non ti aspettavi ma che segretamente attendevi. Ed è per come si è guardati che si riesce a guardare.
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Caro Giorgio, ho letto il tuo contributo a questo libro: “un segreto”… che già conoscevo (perché godo della tua amicizia), ma che ora è offerto alla meditazione di tutti. La gente ha più che mai bisogno di testimonianze belle e forti – come la tua- , perché altrimenti si rischia di insabbiarsi in una vita fatta di grigiore e di tempo dissipato (Carlo D.)
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dal Quotidiano ” TRENTINO ” di lunedì 18 Settembre 2006 Cronaca di ARCO
I COLORI LEGGERI DI FERRARI
ARCO. Il pittore Giorgio Ferrari espone alla galleria ” Il Transito ” di Arco. Sulla mostra interviene Mario Cossali. “Giorgio Ferrari – scrive il critico d’arte roveretano – dipinge da tanti anni il sogno della sua vita: ritrovare l’armonia perduta tra gli esseri umani e tra questi , la natura e la storia. I suoi colori rispondono a questa necessità, a questa forte spinta interiore ed è proprio per questo che non si caricano mai di alcun eccesso, perché in qualche modo consci del grave compito, eppure sereni, distesi, volti ad una continua, ripetuta scoperta e insieme consapevoli di un viaggio, che nella rappresentazione artistica non potrà certo trovare definitivo approdo. I colori di Giorgio Ferrari sono leggeri, ma consistenti, sono legati ad immagini, ma invocano il loro superamento: c’è qui in questa pittura forse un segreto, quello di una gioia che non nasce dalla soluzione degli enigmi, ma dall’intima fiducia nella sacralità di ciò che esiste ed ha forma. Giorgio Ferrari insegue il fantasma dell’arte come folletto liberatore e si lascia trascinare nei suoi labirinti, per conoscere, per cercare, per giocare il gioco più importante, quello della ricerca di senso nella nostra avventura.”
(Arco dal 15 al 28 settembre 2006)
Dal libro delle firme della mostra di Arco – Settembre 2006
Caro Giorgio, sono proprio contento di presentarti ancora; mi colpisce il dono del tuo colore e soprattutto le sue interiorità (Mario Cossali)
i paesaggi sono paesaggi dell’anima e perciò ci si rispecchia volentieri;
le maternità, valore fondamentale della società, sono rese con grande eficacia e senso di speranza (Carlo A. Fia)
Caro Giorgio, “quello che tu cerchi è quello che tutti desideriamo” , allora tu l’hai trovato mentre io sono ancora in viaggio………(Cristina)
L’apparente realismo della pittura di Giorgio Ferrari, i suoi volti e i suoi Cristi crocefissi, quel partire dalla molteplicità del reale, cieli, laghi, alberi e montagne , si stempera da subito in un lirismo essenziale e scontroso. quasi un pretesto per dire che si intravede dentro e dietro l’apparenza dei fatti “quell’anelito all’infinito, pur chiuso tra cose mortali “, com’ebbe a dire Ungaretti in un suo verso.
La pittura è per Giorgio Ferrari saper ascoltare dentro la forma delle cose quotidiane il grido che le affratella, quella fiducia in un Destino buono oltre la maschera caotica degli avvenimenti, che le restituisce, le cose, alla storia, le riconsegna nell’opera artistica alla loro libertà.
Questo con una pittura non ricercata, volutamente “senza grammatica” , che sfrutta la materialità densa ma scorrevole dei colori acrilici, mostrando la gioia dell’impasto Un’avventura che merita di essere incontrata.
(Mario Vivaldi presentazione mostra – febbraio 1990)
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Dell’artista Giorgio Ferrari noti immediatamente la luminosità dei suoi occhi di un azzurro terso e limpido.
E lì dentro intuisci un qualcosa che sta a cuore a tutti, un qualcosa che racchiude i valori insopprimibili della vita.
Il suo piccolo studio trabocca di lavori di varia dimensione sia appesi ai muri, sia dispersi un po’ dappertutto, sia ancora sui cavalletti……….
Egli è in continua ricerca e tutto preso nel paziente intento di trasferire l’anima nei colori, nei tratti, nei ritmi, anche in certi contrasti, nelle figure, nei gruppi, nelle nature morte, nei paesaggi….
Specie nei gruppi è espressa l’esperienza dello stare insieme, del condividere, del vivere una realtà che trascende il naturale.
E’ come se un’ingenuità ed una genuinità, quasi un’alba spirituale, pervadesse tutti questi lavori, e fossero un autoritratto interiore dell’artista.
E’ bello mettersi davanti ai quadri di Giorgio Ferrari perché sono un messaggio di autentica umanità.
Da essi vai via più buono, perché hai incontrato il bene.
(Adolfo Carlo Fia – Ottobre 2001)
QUANDO I QUADRI PARLANO
Sembrano schizzi di colore
caduti sulla tela
quasi per caso,
piuttosto che passaggi di un pennello
meditati, guidati da un concetto
che vuole dare forma e consistenza
a un “progetto concluso” di pittura.
Eppure, quei colori,
s’intrecciano nei toni e nelle forme
con splendidi contatti
e con contrasti accesi,
che creano un’ armonia. Di contrappesi.
Un’ armonia che trascende gli schemi,
dove armoniche son le consonanze.
Qui appaiono armoniose
anche – anzi soprattutto
le dissonanze. A dimostrar che il caso
– o, se volete, il caos,
variante letterale assai espressiva! –
realizza dei miracoli eloquenti
che sembran contraddire la ragione,
i processi ordinati, razionali.
Davanti a questi quadri io scopro
che l’ armonia è il ponte che congiunge
l’ artista, nel momento emozionante
della sua ispirazione
con la creatura trepida che nasce
dalle sue mani , in forma di pittura.
Questa sincerità,
questa profondità,
questa avvertita sensibilità
è il segno di un amore
che nasce ad occhi chiusi,
immaginando ciò che vuoi sognare.
E’ questa la pittura di Ferrari …
Quella natura resa per frammenti
di colore, di luce, di contrasti,
è un paesaggio interiore
scosso dal vento dell’emozione,
dal desiderio di sognare…
… e luce … e pace … … e amore …
Quegli angeli, quel Cristo,
e quell’ Annunciazione,
non “disegnati, ma “evocati”, esprimono
voci di attesa, voci di speranza,
piuttosto che stereotipi rituali.
L ‘autore, con coraggio,
non privilegia il puro senso estetico,
ma preferisce
dare a colori e forme
la forza del linguaggio.
di Boris Carlo Fischetti (Rovereto 23 maggio 2004)
Caro Giorgio,
che bellezza, che creatività e intensità ci hai regalato in questo giorno autunnale. All’improvviso, si sente dentro una favola, un’infanzia azzurra, piena di purezza e la gioia della scoperta immediata, l’impressione intensa del giudizio iniziale sincero e puro. Grazie di cuore , un abbraccio
Anna Kravtchenko (Isera, 19 novembre 2004)
dal Quotidiano “l’Adige” di venerdì 12 agosto 2005 Cronaca di ROVERETO
a cura di Corona Perer
Scalare per conquistare la parete della vita Giorgio Ferrari, cinquant’anni, disabile La sua grande passione? L’arrampicata
Seneca diceva che il destino travolge chi non lo accetta, mentre conduce chi lo asseconda. Giorgio Ferrari, 51 anni, ne è la dimostrazione tangibile. Si definisce una persona fortunata, felice. Eppure da piccolo è stato colpito da displegia spastica agli arti inferiori. Fa parte insomma dellacategoria dei “disabili”, termine quanto mai inadatto a lui visto che ha studiato, si è diplomato, ha un lavoro, si è fatto la patente, guida la sua auto servendosi dei comandi posti sul volante e nel tempo libero dipinge e, pensate un po’, fa arrampicata. C’è forza, coraggio, volontà nella sua storia di paziente che inizia a tre mesi di vita quando a causa di una banale ernia inguinale viene deciso un intervento. Probabilmente un errore nell’anestesia gli fa perdere l’uso delle gambe. Questo però non gli ha impedito di costruire la sua vita e di viverla il meglio possibile, sostenuto dall’amoredella sua famiglia. In cura per decenni in uncentro specializzato, ha iniziato a frequentare la palestrina dell’Associazione sclerosi multipla da quando è nata nel 1992. Fa ginnastica e mantiene in funzione gli arti. “Qui è molto più bello che frequentare un centro ospedaliero perchè il ciclo è più lungo e quindi è possibile proseguire nel tempo”, dice Giorgio che vive ad Isera ed è dipendente dell’ufficio tecnico del comprensorio. Per fare le terapie prende il permesso e attraversa la strada: nella stessa via del C10 (via Tommaseo) c’è anche la palestrina dell’Aism che permette alle sue gambe di non peggiorare. È qui che ha conosciuto Matthias Knaubert, 31 anni, che lo aiuta negli esercizi ginnici e lo ha iniziato all’arrampicata. “È una tecnica nuova”, spiega il fisioterapista tedesco in servizio all’associazione sclerosi multipla. “Una tecnica utilissima perchè oltre a usare il corpo impone di usare la m e n t e . Ogni mossa deve essere pensata, calcolata, pianificata. L’arrampicata è molto terapeutica perchè raggiungendo il proprio limite il paziente impara a conoscere il suo corpo. È un lavorodi testa, strategia” racconta Matthias che grazie alle pareti attrezzate delle palestrine artificiali ha portato Giorgio anche all’aperto. E lui soddisfatto dice che l’obiettivo è di fare una vera scalata prima o poi. C’è da giurarci: ci riuscirà, ma lui con i suoi due occhi dolci ed espressivi minimizza i suoi risultati. “Nella vita tutti quanti hanno almeno un problema – dice- e questo è il mio, ma credo che la mia esperienza sia positiva. Ne parlo per invitare chi si deprime a reagire. Tutto dipende dalla volontà” .E parla della fortuna, lui che ha avuto la sorte avversa: prima la malattia precoce e poi il fatale errore dei sanitari che hanno condizionato tutta la sua vita. “Sono un uomo fortunato- afferma – attorno a me ho avuto l’amore dei familiari e tanti amici che mi hanno trasmesso il significato della vita”. Vive con gli anziani genitori (77 anni la mamma e 79 il papà) nella stessa casa dove vive anche il fratello e la sua famiglia. “Siamo una famiglia unita, abbiamo affrontato le difficoltà insieme” e di questi tempi non è poco. Dice di avere molta fede, Giorgio. È ciò che lo ha aiutato di più in questi anni in cui la pittura è stata la sua grande valvola di sfogo. Una passione autentica. È stato allievo di Gianni Turella e i suoi quadri sono anche sul sito dell’associazione Rebora (basta cliccare www.ccrebora.it.). Il tratto è quello dell’artista: veloce, efficace, sintetico. “La pittura è per me uno sguardo sulla vita. Mi permette diesprimere ciò che ho dentro e di parlare con gli occhi. La fede è invece il mio motore, un respiro più grande che mi fa respirare. Qualcosa che mi mette in una storia più grandedi di me e mi fa gioire di ogni piccola cosa”. Sostiene che per vincere sulla malattia bisogna essere motivati. “Non puoi stare fermo: o vai avanti o vai indietro.Se accetti la difficoltà puoi trasformare la tua vita positivamente”. E ripete di avere deciso di raccontare la sua storia con una sola speranza: che l’esperienza possa servire a chi in questo momento è in difficoltà. Gli dobbiamo un grazie tutti.
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breve relazione schematica all’ associazione AISM di Rovereto:
La mia “arrampicata terapeutica”
- Una possibilità di misurare le mie potenzialità ,ritrovando anche la possibilità di affrontare una situazione non usuale , che tuttavia mi rafforza nella possibilità di risolvere delle situazioni quotidiane con una maggiore sicurezza nelle mie capacità.
- Mi sono sorpreso nel vedere i miglioramenti nell’affrontare la parete, pur considerando gli esercizi rapportati alla mia condizione, rispetto alla prima esperienza
- Affrontare “l’arrampicata terapeutica” , oltre che continuare a fare la fisioterapia, mi apre alla possibilità di provare situazioni nuove ad esempio per il controllo dell’equilibrio , spostamenti di carico ecc………
- Ho voluto raccontare ,sinteticamente, la mia esperienza di arrampicata terapeutica per trasmettere anche il “gusto” di una esperienza nuova e la voglia di affrontare la vita con positività.
Giorgio Ferrari – Gennaio 2004
un viaggio attraverso l’avventura umana e artistica di Ferrari che trova nei colori e nel pennello non tanto una fuga dal quotidiano ma un’espressione libera e profonda del proprio sentimento.Un itinerario che matura nel silenzio , che si realizza con i tempi lunghi della ricerca sofferta e si materializza poi in paesaggi a colori, in volti, in crocifissi. I suoi lavori nascono dall’ispirazione avvertita soprattutto nei momenti di riposo dal lavoro , ma si fanno espressione di una quotidianità vissuta in modo intenso, gioioso, entusiasta.
(D. Andreatta -Settimanale della Diocesi di Trento “Vita Trentina” 11.2.90)
….Giorgio Ferrari si immerge nel paesaggio vallagarino con discrezione e con gioia ,rilevando in ogni particolare di esso un luogo per possibili senzazioni , per possibili pensieri. La sua è una pittura lirica che esprime anche una delicatezza d’animo.
(M. Cossali”Alto Adige” 3.9.92)
…..Giorgio Ferrari è da molto che si dedica alla pittura, sebbene sia solo da tre anni che ha affrontato il giudizio del pubblico con alcune collettive o mostre personali, segnate sempre da discreti successi e da favorevoli commenti. Autodidatta , intrapresa la strada del dipingere quasi per un bisogno personale, un’esigenza del suo vivere , a mano a mano si è spogliata dai suggerimenti iniziali appresi , si è resa più autonoma e più sicura, evidenziando così il desiderio dell’artista di voler esplorare propri percorsi . ….. nei suoi quadri l’osservatore coglie un lavoro costante ed un certosino impegno nell’usare i molteplici accostamenti dei colori nell’elaborare la personale visione del mondo esteriore. Due sono i temi che prevalgono nella poetica di Ferrari: il paesaggio e la maternità benchè osservati e dipinti con diverse sfumature. Quasi astratti, immaginari, i paesaggi , sia montani che marini , come se infiniti fossero i modi per narrarli, come se le linee e le componenti di questi paesaggi dovessero sublimarsi all’interno della sua anima . Più definite nel segno e nei tratti le tenere madri con il bambino in braccio , come se il sentimento materno , nella sua universalità , si restringesse ad una sola maniera per tentare d’essere descritto. Costante comune ai quadri di Ferrari è comunque la dolcezza che essi emanano , la serenità che riescono a dare , al termine del travaglio.
(P. Verde “L’Adige” 9.1.93)
……Le tele propongono freschi paesaggi e delicate maternità: soggetti prediletti dall’artista. Un hobby , il dipingere, per Ferrari, iniziato presto ,come esigenza di conoscersi, di mettere in gioco le proprie capacità,fino a quando, nel 1990, per la prima volta, ha avuto l’opportunità di presentare una mostra al pubblico. Ottenendo da allora,favorevoli commenti e apprezzati incoraggiamenti,che sono continuati in altre personali o collettive. Se i temi si rincorrono, è la ricerca dell’uso del colore a dare impronta interiore, a segnare la fatica di ogni singola tela .Colori rarefatti ,quasi mescolati confusamente dal punto di vista scenico ,ma perciò stesso, più densi d’atmosfera e più carichi di introspezione dell’anima. Con un invito finale, comunque, alla dolcezza e alla serenità del vivere.
(P. Verde “L’Adige” 21.4.95)
Presso la sede dell’Associazione Italiana Sclerosi Multipla in via Tommaseo, 6 a Rovereto, si è aperta in questi giorni la mostra delle opere pittoriche di Giorgio Ferrari d’Isera. L’artista che predilige dipingere con colori acrilici si presenta a questa sua personale con due temi prevalenti : il paesaggio e la maternità , osservati con diverse sfumature. Quasi astratti i paesaggi sia montani che marini , come se infiniti fossero i modi per narrarli . Più definite nel segno le tenere madri col bambino in braccio, come se il sentimento materno si restringesse ad una sola maniera per tentare d’essere descritto. La mostra resterà aperta fino al 23 Dicembre (da lunedì a venerdì, 9-12 e 15-17)
(P. Verde L’Adige 20.12.98)
Giorgio Ferrari propone una serie di visioni dal respiro profondo e dallo sfondo ricco di vitale ariosità: la natura e la figura umana, lungamente meditate, vengono rivissute attraverso la mediazione dl un colore carico di significati e di potenzialità linguistiche. E’ una pittura di delicati accenti e sottili malinconie entro un cerchio di rinnovata tensione di vita e di speranza.
(Mario Cossali Alto Adige 1/4/99)
Giorgio Ferrari ha trovato nella pittura la dimensione calda della vita, quella compagna insostituibile che ti accompagna nel labirinto delle paure e delle ossessioni e ti conduce in un territorio libero , dove il respiro corrisponde a quel sentirsi in armonia con l’universo che ristora nel profondo. E’ un cammino quello di Giorgio Ferrari che si svolge fra le sirene di un paesaggio accogliente e poetico e tra i sentimenti profondi distesa che accoglie, nutre, lega l’esperienza individuale a una storia infinita di ritmi biologoci, affettivi originari. Il colore è per lo più delicato, ma non debole; le variazioni corrispondono alla diversità e alla molteplicità delle emozioni.
(Mario Cossali dal catalogo della mostra collettiva di Isera 2000)
Giorgio Ferrari. (Galleria “la Cella”Campanile di Carpenedo -fino al 29 ottobre 2000) Interessanti le maternità e i paesaggi che sono cantati con una certa lievità, quasi gioco di colori, dove gli spazi hanno una loro distesa dimensione e un’ingenua disincantata forza.
(M.S. -Il Gazzettino VE 26/10/2000)
Dalla rivista TRACCE del Dicembre 2006 “LETTERE”
IPOTESI POSITIVA
Carissimo don Julian Carron,
ho 52 anni e ho incontrato il movimento nei primi anni 70 con Gs. La mia giornata è semplice: lavoro come geometra presso un ufficio pubblico di Rovereto. Tempo fa, mentre parlavamo di lavoro, una collega,interrompendomi, mi dice: ti invidio perché sei sempre contento!».Oppure un’altra collega mi chiedeva se essere nel movimento mi aiutava nella vita, io le ho detto:«Secondo te?»; e lei: “Sì, perché non saresti così sereno”. Queste manifestazioni sono state e sono ricorrenti negli anni. Dipingo e partecipo a mostre collettive e personali e spesso le persone che incontro mi ringraziano per il mio lavoro artistico e perché i colori trasmettono loro letizia. I miei genitori mi hanno sempre incoraggiato a vivere l’esperienza della comunità. In questi ultimi anni la mia mamma è malata di ALzheimer e io cerco di farle compagnia e di aiutarla con la mia presenza. Faccio fisioterapia da sempre,causa una malattia che mi ha colpito da piccolo, vado in palestra, la mia presenza aiuta anche gli altri a fare fisioterapia e aiuta anche i fisioterapisti. Recentemente una signora. volendo spronare suo marito,gli diceva di guardare me che ho sempre voglia di ricominciare gli esercizi (quando avevo tre mesi di vita sono stato colpito da paralisi alle gambe,sono stato operato e ora cammino con le stampelle). Certo la fatica e il dolore non mancano. La compagnia fraterna, la Scuola di Comunità, mi custodiscono e mi fanno affrontare le circostanze della vita con decisione. Mi rimettono in piedi di fronte alla vita. Così la mia quotidianità partecipa di un disegno più grande e la cosa più evidente è che Lui mi ha preso, a Lui appartengo. «Tu.sei l’ipotesi positiva su tutto ciò che io vivo».
Giorgio,Isera